I terremoti nel Molise del 2002: la sequenza sismica
La sequenza sismica del Molise è iniziata la notte tra il 30 e il 31 ottobre 2002, con un evento di magnitudo Mw 5.7 (ML 5.4[1]) preceduto da 5 eventi di magnitudo compresa tra 2.5 e 3.5. La scossa principale è avvenuta alle ore 10:33 UTC (le 11:33 italiane) in prossimità dei comuni di Bonefro e San Giuliano di Puglia (CB), circa 25 km a NE di Campobasso e circa 30 km a SSW della costa adriatica molisana. Tra gli eventi avvenuti prima del terremoto di magnitudo Mw 5.7, quello più energetico di magnitudo 3.5 è avvenuto alle ore 02:27 UTC (le 03:27 italiane) con epicentro vicino Bonefro (CB). Il giorno seguente, il primo novembre 2002 alle ore 15:09 UTC (le 16:09 italiane), un altro evento di magnitudo Mw 5.7 (ML 5.3[1]) è avvenuto circa 10 km ad Ovest del primo evento, in prossimità del comune di Provvidenti (CB).
Fino a quel momento l’area epicentrale non aveva subito terremoti significativi, né strumentali né storici. Le aree sismogenetiche più importanti prossime a quella in esame si trovano infatti verso SW lungo la porzione centro-meridionale della catena appenninica e verso Est in prossimità dell’area del Gargano.
Il 31 Ottobre, poche ore dopo il primo mainshock, l’INGV, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (INOGS) e l’Università di Genova, è intervenuto nell’area epicentrale per installare una rete temporanea densa nell’area epicentrale. Le operazioni in campagna, che oggi sono coordinate e realizzate dal gruppo operativo in emergenza dell’INGV denominato SISMIKO (http://sismiko.ingv.it), hanno consentito di installare circa 30 stazioni sismiche, alcune delle quali in telemetria locale collegate con un centro di acquisizione mobile installato nei pressi di Casacalenda. Le registrazioni in continuo hanno permesso di definire in dettaglio l’evoluzione della sequenza e di ricostruire le caratteristiche geometriche e cinematiche della struttura che si è attivata (Chiarabba et al., 2005).

Lo studio della sismicità ha rivelato una struttura sismogenetica subverticale, spazialmente estesa per circa 20 km in direzione E-W (Figura 1) e collocata tra i 10 e i 18 km di profondità (Figura 2). Il tipo di fagliazione di entrambi gli eventi principali di magnitudo Mw 5.7 è definito come “trascorrente”. Assumendo che la faglia sia sviluppata in direzione EW, come evidenziato dalla distribuzione delle repliche, questo termine definisce un movimento lungo la faglia (una dislocazione) in direzione E-W, ovvero un movimento che sposta il lembo a N verso Est rispetto al lembo a S che si sposta verso Ovest. Le profondità ipocentrali sono mediamente maggiori rispetto alla sismicità registrata lungo la catena appenninica che si attesta intorno ai 5-15 km. La presenza sui sismogrammi di particolari fasi sismiche convertite (Figura 2) e la distribuzione della velocità di propagazione delle onde sismiche, ricostruita tramite la tecnica della tomografia sismica, hanno portato a considerare che questa sequenza sismica si sia sviluppata nel basamento della piattaforma Apula, che in quella zona inizia la sua flessione sotto la catena Appenninica.

La sequenza sismica, iniziata nella notte tra il 30 e 31 ottobre, si è protratta per circa un mese. Complessivamente sono stati registrati circa 2000 eventi, 5 dei quali di magnitudo ML tra 4 e 4.5 e un centinaio di magnitudo ML tra 3 e 4.
La sequenza sismica del Molise, confrontata con le principali sequenze sismiche avvenute lungo la catena appenninica negli ultimi venticinque anni (Colfiorito 1997, L’Aquila 2009, Amatrice-Norcia 2016-2017), mostra delle significative differenze. In primo luogo, in Molise le profondità ipocentrali sono tipiche della crosta intermedia con ipocentri mediamente intorno a 15 km. Le suddette sequenze appenniniche sono invece caratterizzate da profondità ipocentrali che sono in prevalenza tra 5 e 15 km. Il meccanismo di faglia in questo caso è trascorrente, mentre lungo la catena appenninica prevalgono faglie dirette, cioè con movimento di allontanamento tra i due lembi adiacenti. Gli studi più recenti hanno rivelato che lungo la catena appenninica i fluidi (CO2), provenienti dalle parti più profonde della crosta, sono intrappolati nella parte superiore della crosta e rivestono un ruolo fondamentale nel generare la sismicità più superficiale.

Nel caso della sequenza del Molise si hanno evidenze solo di fluidi profondi intrappolati nel basamento della piattaforma Apula ad una profondità di circa 20 km. Queste conclusioni derivano dall’analisi delle fasi riflesse osservate sui sismogrammi degli aftershocks (Figura 3). Si pensa che questi fluidi siano espressione di zone di debolezza della crosta profonda e che, insieme alla deformazione tettonica, possano aver favorito l’innesco della sequenza sismica. I due eventi principali infatti, sono stati localizzati ad alte profondità in corrispondenza di queste zone caratteristiche e testimoniano un diretto coinvolgimento tra fluidi profondi e sismogenesi.
A cura di Pasquale De Gori, Diana Latorre, Claudio Chiarabba (INGV – Osservatorio Nazionale Terremoti)
[1]Questi sono i valori di magnitudo riportati sul sito terremoti.ingv.it, calcolati utilizzando i dati delle poche stazioni digitali operative nel 2002 in Italia e nel bacino del Mediterraneo, principalmente quelle appartenenti alla Rete MedNet. In quegli anni infatti era appena iniziata l’installazione di strumentazione digitale e le stazioni disponibili per il calcolo della magnitudo ML erano ancora molto poche.
Bibliografia
Chiarabba C., De Gori P., Chiaraluce L., Bordoni P., Cattaneo M., De Martin M., Frepoli A., Michelini A., Monachesi A., Moretti M., Augliera P., D’Alema E., Frapiccini M., , Gassi A., Marzorati S., Di Bartolomeo P., Gentile S., Govoni A., Lovisa L., Romanelli M., Ferretti G., Pasta M., Spallarossa D., Zunino E. (2005); Mainshocks and aftershocks of the 2002 Molise seismic sequence, southern Italy; Journal of Seismology, 9, 487–494. https://doi.org/10.1007/s10950-005-0633-9
Latorre D., De Gori P., Chiarabba C., Amato A., Virieux J., Monfret T. (2008); Three-dimensional kinematic depth migration of converted waves: application to the 2002 Molise aftershock sequence (southern Italy); Geophysical Prospecting, 56, 587-600, https://doi.org/10.1111/j.1365-2478.2008.00711.x.
Chiarabba, C., P. De Gori, D. Latorre, and A. Amato (2014), Crustal structure in the area of the 2002 Molise earthquake: Clues for the evolution of the southern Apennines, Tectonics, 33, 741–755, doi:10.1002/2013TC003406.
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