Giù al nord: l’ultima (rapida) inversione dei poli magnetici della Terra

Per questa volta ci occupiamo di un tema che non è correlato direttamente ai terremoti. Prendendo spunto da un’importante ricerca pubblicata in questi giorni dal Geophysical Journal International, abbiamo chiesto a Leonardo Sagnotti (INGV), primo firmatario dell’articolo, di raccontarcela. La scoperta si basa sullo studio delle proprietà paleomagnetiche di una sequenza sedimentaria di un antico lago appenninico formatosi a causa dell’attività tettonica e dei terremoti della regione. Si tratta del Bacino di Sulmona, di cui proprio ieri si ricordava un forte terremoto avvenuto il 3 novembre del 1706, che causò migliaia di vittime. Nei sedimenti del bacino di Sulmona era nascosta la chiave per leggere la storia dell’ultima inversione del campo magnetico, avvenuta 786.000 anni fa. Un cambio molto più rapido di quanto si pensasse.

La storia della Terra è ricca di inversioni del campo magnetico. In media il fenomeno avviene quattro volte ogni milione di anni. L’ultima inversione risale a 786.000 anni fa e per questo c’è chi pensa che un’inversione sia imminente. Geologicamente parlando, si intende.


 

La successione sedimentaria studiata è costituita da sedimenti lacustri che affiorano nei pressi di Popoli, nel bacino di Sulmona. I sedimenti sono limi calcarei omogenei in cui sono intercalati sottli livelli di ceneri vulcaniche che contengono la registrazione dell'inversione geomagnetica. Nella foto, Leonardo Sagnotti (in piedi) e Giancarlo Scardia, primi firmatari della ricerca.
La successione sedimentaria studiata è costituita da sedimenti lacustri che affiorano nei pressi di Popoli, nel bacino di Sulmona. I sedimenti sono limi calcarei omogenei, che contengono la registrazione dell’inversione geomagnetica, in cui sono intercalati sottili livelli di ceneri vulcaniche. Nella foto Leonardo Sagnotti (in piedi) e Giancarlo Scardia, primi firmatari della ricerca.

Lo studio ha messo in evidenza che la transizione del polo geomagnetico da un’area polare all’altra avviene istantaneamente nella registrazione geologica, ad una scala temporale inferiore a quella che è possibile risolvere nella successione di sedimenti lacustri, ovvero in meno di un secolo – probabilmente molto meno – e rende questo fenomeno potenzialmente osservabile nell’arco temporale tipico di una vita umana.

La ricerca si basa sulle misure delle proprietà magnetiche dei sedimenti, effettuate nel laboratorio di paleomagnetismo dell’INGV e sulla datazione di diversi sottili livelli di ceneri vulcaniche emesse durante violente eruzioni esplosive avvenute nella provincia vulcanica romana, lungo il versante tirrenico della penisola italiana. Le datazioni sono state effettuate con metodi radiometrici nei laboratori di Gif-sur-Yvette (Francia) e Berkeley (USA). I dati paleomagnetici hanno dimostrato come questi sedimenti siano caratterizzati da eccellenti proprietà di memorizzazione e conservazione del campo magnetico del passato nel corso del tempo geologico; le analisi radiometriche hanno permesso di datare la successione stratigrafica e di stimarne i tassi medi di deposizione, che sono risultati pari a circa 2 cm al secolo per l’intervallo di tempo compreso tra 792.000 e 781.000 anni fa. In pratica, sul fondo dell’antico lago “di Sulmona” ogni 10.000 anni si deponeva con continuità uno spessore di 2 metri di limi calcarei occasionalmente intercalati da livelli di ceneri vulcaniche.

La stanza magneticamente schermata del laboratorio di paleomagnetismo dell'INGV, dove sono state effettuate tutte le misure e le analisi sulle proprietà magnetiche dei sedimenti
La stanza magneticamente schermata del laboratorio di paleomagnetismo dell’INGV, dove sono state effettuate tutte le misure e le analisi sulle proprietà magnetiche dei sedimenti.

I dati ottenuti in questa ricerca indicano che il passaggio dei poli geomagnetici da un’area polare all’altra è avvenuto in meno di un secolo, senza la possibilità di registrare posizioni a latitudini intermedie, ed è stato preceduto da un intervallo di generale instabilità del campo magnetico terrestre che si è protratto per almeno 6000 anni. Questo periodo di instabilità geomagnetica è stato caratterizzato da due intervalli di tempo, di durata di circa 2000 anni ciascuno, in cui l’intensità del campo è stata anormalmente bassa, meno della metà di quella che ha il campo attualmente. La brusca inversione dei poli avviene verso la fine dell’intervallo più recente di bassa intensità del campo.

Sull'affioramento sono stati prelevati dei blocchi orientati da cui sono stati poi ottenuti dei cubi standard di 2 cm di lato per le misure magnetiche di laboratorio
Sull’affioramento sono stati prelevati dei blocchi orientati da cui sono stati poi ottenuti dei cubi standard di 2 cm di lato per le misure magnetiche di laboratorio.

L’inversione del campo magnetico terrestre è un grande evento planetario legato alla circolazione convettiva nel nucleo fluido metallico della Terra. Anche se questo fenomeno ha implicazioni che interessano l’intero globo terrestre e condizionano drasticamente le complesse interazioni tra le particelle cariche del vento solare e la cavità magnetosferica che circonda la Terra, non ci sono catastrofi documentate associate a inversioni magnetiche del passato, nonostante molte ricerche nel record geologico e biologico. Nella nostra società tecnologica, tuttavia, è facile predire che una drastica riduzione di intensità del campo magnetico terrestre, associata o meno a un’effettiva inversione di polarità, ha la potenzialità di causare estesi effetti di grande disturbo, per la maggiore penetrazione del vento solare verso la superficie della Terra e le prevedibili ripercussioni sui sistemi satellitari e sulle reti di distribuzione dell’energia elettrica, con possibilità di blackout generalizzati e prolungati.

Rappresentazione schematica del percorso del polo geomagnetico virtuale durante l'ultima inversione di polarità. I dati consentono una risoluzione a scala secolare. Il transito da un'area polare all'altra è avvenuto circa 786mila anni fa, senza registrazione di posizioni a latitudini intermedie
Rappresentazione schematica del percorso del polo geomagnetico virtuale durante l’ultima inversione di polarità. I dati consentono una risoluzione a scala secolare. Il transito da un’area polare all’altra è avvenuto circa 786 mila anni fa, senza registrazione di posizioni a latitudini intermedie.

I sedimenti dell’Appennino non ci forniscono solo gli elementi per comprendere meglio il rischio sismico locale legato al ripetersi di forti terremoti lungo le principali faglie sismogenetiche, ma ci danno anche la possibilità di comprendere meglio un fenomeno planetario, come il campo magnetico terrestre, la cui evoluzione dinamica può avere profonde implicazioni sia a livello scientifico che sociale.

a cura di Leonardo Sagnotti, INGV-RM2.

La ricerca è stata effettuata da un team composto da ricercatori dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Igag-Cnr), della Columbia University, Berkeley Geochronology Center e del Laboratoire des Sciences du Climat et de Environnement (LSCE), CEA-CNRS, Gif-sur-Yvette.

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