In questi giorni si è riaccesa la paura di altri forti terremoti in Italia centrale. Il motivo è stato un terremoto e relativo piccolo “sciame” nella zona di Amandola, in provincia di Fermo nelle Marche. Vediamo cosa si può dire di questo settore, non tanto per rispondere alla solita domanda “ce ne sarà un’altra più forte?”, perché a questa nessuno ha la risposta, ma per capire come si inquadra questa sismicità rispetto a quella più intensa del 2016 e in generale quella dell’Appennino umbro-marchigiano.
Procediamo per punti, seguendo quanto disponibile sul sito dell’INGV:
1) I terremoti di Amandola di questi giorni non ricadono nel sistema di faglie del 2016 (fig. 1). E’ abbastanza evidente. Questo tuttavia non ha un significato positivo o negativo sull’evoluzione della sequenza. È una nuova faglia?, ci si chiede. Sì, come per tutti i terremoti c’è una faglia che si muove ma in un caso del genere (Ml 3.6, Mw 3.4) si tratta di una faglia molto piccola (ordine di grandezza del centinaio di metri). Potrebbe far parte di una faglia più estesa, certo, ma questo lo potremo sapere se l’attività prosegue.
Figura 1. L’epicentro (stella) del terremoto più forte della sequenza nei pressi di Amandola (FM), avvenuto il 5 maggio alle ore 04:05 italiane, ore 02:05 UTC, ML 3.6, Mw 3.4.
2) Peraltro, il meccanismo focale dell’unico evento per il quale è stato possibile effettuare il calcolo (quello avvenuto il 5 maggio alle ore 04:05 italiane, ore 02:05 UTC), mostra l’attivazione di una faglia trascorrente (fig. 2), diversa quindi dalle faglie dirette della sequenza 2016 (e di quella del 2009, ecc.) caratteristiche del settore in estensione della catena. Il settore di Amandola si colloca a est di questo settore e a ovest di quello caratterizzato da compressione, che troviamo nel settore costiero.
Figura 2. Meccanismo focale (TDMT: Time Domain Moment Tensor dal sito INGV) del terremoto più forte della sequenza nei pressi di Amandola (FM), avvenuto il 5 maggio alle ore 04:05 italiane, ore 02:05 UTC, ML 3.6, Mw 3.4.
3) La sequenza (o sciame date le caratteristiche di andamento spazio-temporale degli eventi) ha avuto per ora (10 maggio alle ore 9) 26 scosse in totale di cui 2 con magnitudo compresa tra 2 e 3, 2 con magnitudo al di sopra di 3, le altre molto piccole. La rete sismica INGV, che in quell’area è particolarmente densa ed efficace, ha localizzato diversi terremoti sotto magnitudo 1, addirittura anche uno di magnitudo 0.4! Quindi quando si contano le scosse di una sequenza attenzione alla loro magnitudo, che è molto dipendente dalla sensibilità della rete.
4) Durata sequenze di questo tipo. La maggior parte delle sequenze che avvengono in Italia con eventi di magnitudo tra 3 e 4 dura pochi giorni o poche settimane. Solo pochissime di esse durano mesi, soltanto quelle con eventi molto forti (M6+) durano anni.
5) La sequenza del 2016 prosegue. Come si vede dalla mappa in fig. 1, nell’ultima settimana ci sono stati oltre 120 terremoti nell’area della sequenza iniziata il 24 agosto 2016, ancora molto più frequenti di quelli della sismicità “di fondo”, come si vede per le aree adiacenti.
6) Il termine “sciame sismico” non ha in alcun modo una connotazione di precursore! Ci sono centinaia di sciami sismici (secondo la definizione di Utsu) che non vengono seguiti da un terremoto forte. Questo luogo comune è nato con il terremoto dell’Aquila e non riesce ad essere scalzato. Non è così.
7) Lo scarico di energia con piccole scosse è una stupidaggine. Per “scaricare” la quantità di energia di un terremoto di magnitudo 6 (ammesso che questo sia il potenziale di una qualunque faglia appenninica) ci vorrebbero un migliaio di terremoti di magnitudo 4 e oltre 30.000 di magnitudo 3. Siamo ben lontani. Si veda qui per ulteriori dettagli.
8) Storia. Se guardiamo la mappa dei terremoti storici dell’Italia centrale (fig. 3) vediamo chiaramente come la maggior parte si distribuisca lungo l’asse della catena, dove sono anche avvenuti gli eventi più forti.
Figura 3. Epicentri dei terremoti storici nell’Appennino umbro-marchigiano (la stella è l’epicentro del terremoto avvenuto il 5 maggio alle ore 04:05 italiane, ore 02:05 UTC, ML 3.6, Mw 3.4).
L’esistenza di un’altra fascia parallela a quest’ultima, in posizione più “adriatica”, è stata ipotizzata da diversi autori, con spiegazioni leggermente differenti. In questa fascia ricadono gli eventi del 1741, del 1799 e del 1873, che hanno provocato danni importanti nei centri delle Marche interne, come Fabriano e Camerino. Sono eventi di magnitudo stimata intorno a 6, o poco superiore, ma questi valori potrebbero essere sovrastimati per varie cause. Sono stati comunque eventi forti con un’area di danneggiamento molto estesa (il 1799 in particolare). La storia sismica di Amandola (fig. 4), ripresa dal DBMI, mostra che finora si è raggiunto il VII grado MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg) nel 1799, 1873 e 2016, ma per Camerino le cose sono andate molto peggio con un picco del IX grado MCS nel 1799.
Figura 4. Storia sismica di Amandola ripresa dal DBMI.
9) Come più volte affermato, la differenza in caso di forte terremoto la fanno gli edifici e la loro resistenza. Non sappiamo quale sia la vulnerabilità di questi centri, ma visti i precedenti del 2016 purtroppo è difficile essere ottimisti. Approfittiamo della paura per intervenire. Può bastare poco per fare la differenza.
Sulle numerose sequenze sismiche che interessano le regioni italiane ogni anno c’è un articolo del blog pubblicato a novembre 2019 in occasione di una sequenza sismica a Sora-Balsorano.
a cura di Alessandro Amato, Osservatorio Nazionale Terremoti.
Referenze
Utsu Tokuji, Statistical features of seismicity in International handbook of earthquake & seismology, International Geophysics, Volume 81, Part A, 2002, Pages 719-732, https://doi.org/10.1016/S0074-6142(02)80246-7.
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2 thoughts on “Sequenza sismica in provincia di Fermo, 4-10 maggio 2020”
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