Terremoto in Lunigiana: modello preliminare di faglia da dati satellitari

Subito dopo l’evento del 21 giugno il Dipartimento della Protezione Civile (DPC) ha attivato i centri di competenza ASI, INGV e IREA-CNR per la misura, tramite i satelliti italiani COSMO-SkyMed, delle deformazioni del suolo causate dal terremoto, al fine di descrivere la sorgente sismica. All’INGV è stata chiesta l’attivazione dell’infrastruttura SIGRIS sviluppata in un progetto ASI e INGV, attualmente gestita da ricercatori del Centro Nazionale Terremoti INGV.  SIGRIS comprende procedure, algoritmi ed operatori in grado di generare e validare prodotti geofisici ad alto contenuto scientifico, basati su dati da satellite, secondo standard già concordati con il DPC per la gestione delle emergenze sismiche.

L’INGV ha preliminarmente verificato l’esistenza, per l’area epicentrale, di immagini radar COSMO-SkyMed di archivio precedenti il sisma, indispensabili per eseguire le misure dei movimenti del suolo generati dal terremoto (spostamento del suolo cosismico). E’ stata quindi richiesta ad ASI l’acquisizione di immagini post-evento, che ASI ha pianificato, acquisito e consegnato in tempi rapidissimi.  L’INGV ha quindi generato le mappe di deformazione del suolo con la tecnica denominata Interferometria SAR Differenziale o DInSAR (1).  Bisogna sottolineare che attualmente il sistema di satelliti italiani COSMO-SkyMed è, a livello mondiale, quello che garantisce la maggiore rapidità di intervento per la misura delle deformazioni crostali dovute ad un terremoto.

La deformazione del suolo
Nella figura 1 è mostrato l’interferogramma SAR (2) ottenuto da due immagini COSMO-SkyMed acquisite ad 1 giorno di distanza a cavallo del terremoto: alle 5 di mattina del 21/6 e alla stessa ora del 22/6.

Figura 1. Frange di colore dell'interferogramma che descrive lo spostamento conseguente al terremoto del 21 giugno
Figura 1. Frange di colore dell’interferogramma che descrive lo spostamento conseguente al terremoto del 21 giugno

Sommando le frange della figura 1, si ottiene lo spostamento totale del suolo, espresso in centimetri (Figura 2). La zona di massima deformazione corrisponde ad un allontanamento del suolo dal satellite (3) di circa 2.5 cm, localizzato poco ad Ovest di Casola (zona rossa in Figura 2). Nella stessa figura sono mostrati anche due profili di spostamento che attraversano la zona.
Lo spostamento del suolo misurato dal satellite è la normale risposta della superficie terrestre allo scorrimento avvenuto sulla faglia sismica, e viene indicato come spostamento (o deformazione) del suolo cosismico.

Figura 2. Mappa dello spostamento del suolo cosismico misurato da COSMO-SkyMed dopo il terremoto della Lunigiana.
Figura 2. Mappa dello spostamento del suolo cosismico misurato da COSMO-SkyMed dopo il terremoto della Lunigiana. Di sotto sono mostrati due profili di spostamento riferiti alle due tracce nere in figura.

Il modello della sorgente sismica
Lo spostamento del suolo che si è verificato in superficie è piccolo e quasi impossibile da misurare se non tramite strumenti geodetici di precisione. Esso rappresenta la risposta della superficie terrestre allo scorrimento profondo che si è verificato lungo la faglia che ha generato il terremoto; la sua forma e intensità dipendono dalle proprietà elastiche della crosta terrestre e dalle caratteristiche della faglia.
Utilizzando sofisticati algoritmi, è possibile ricavare le caratteristiche della faglia a partire dallo spostamento misurato in superficie grazie ai satelliti. Questa procedura è chiamata tecnicamente “inversione”, perché parte dall’effetto (lo spostamento superficiale) per ricavarne la causa (lo scorrimento che si è verificato in profondità lungo la faglia). Nella procedura abbiamo anche integrato dati non da satellite, come la posizione di tutti i piccoli terremoti che hanno accompagnato la scossa principale ed altri dati (meccanismi focali, momento sismico, ecc…).
Il risultato finale di questa analisi è il “modellodella sorgente sismica, ovvero una faglia “virtuale” che riproduce lo spostamento del suolo cosismico, e pertanto molto simile a quella reale che lo ha generato.
Tramite queste tecniche abbiamo individuato nella faglia mostrata in Figura 3 la causa del terremoto del 21 giugno.

Fig. 3. Il modello della faglia responsabile del terremoto del 21 giugno visto da Sud. Ogni quadratino in cui è suddivisa la faglia ha dimensione 1 km x 1 km. Il colore rappresenta la quantità di spostamento, che nel lobo rosso raggiunge circa 45 cm, a circa 4-5 km di profondità. Il grigio corrisponde a spostamento nullo
Fig. 3. Il modello della faglia responsabile del terremoto del 21 giugno visto da Sud. Ogni quadratino in cui è suddivisa la faglia ha dimensione 1 km x 1 km. Il colore rappresenta la quantità di spostamento, che nel lobo rosso raggiunge circa 45 cm, a circa 4-5 km di profondità. Il grigio corrisponde a spostamento nullo

Per avere una conferma dell’attendibilità di questo risultato, si possono confrontare gli spostamenti misurati dal satellite (dati osservati) con quelli che vengono calcolati dal modello (dati modellati) mostrato in Figura 3.
La Figura 4 mostra il confronto fra dato osservato (sinistra) e dato modellato (destra). Si può vedere che il lobo di spostamento superficiale del dato modellato riproduce bene quello osservato.

Nella Figura 4 è indicata la linea di intersezione tra il piano di faglia modellato e la superficie; il piano si immerge verticalmente per parecchi km, ed ha una direzione circa Nord-Est/Sud-Ovest. La posizione dell’epicentro del terremoto principale è compatibile (con ottima approssimazione) con la posizione della faglia. SI nota come tutta la sismicità degli aftershocks (punti verdi) e lo spostamento stesso si sviluppano verso Nord-Est rispetto all’epicentro del terremoto (stella verde), suggerendo che la rottura, iniziata all’epicentro, si sia propagata preferenzialmente in questa direzione.

Nell’ultima Figura 5 è mostrato un confronto fra la posizione del modello di faglia ricavato dai dati da satellite e la distribuzione 3D degli ipocentri dei terremoti successivi alla scossa principale (aftershocks). La faglia attraversa la “nuvola” degli aftershocks, come avviene normalmente dopo una dislocazione sismica, e questa osservazione conferma la bontà del modello.
Nonostante l’ottimo accordo tra le varie osservazioni, è opportuno ricordare che si tratta di risultati preliminari che potranno subire modifiche con la disponibilità di nuovi dati da satellite e/o sismologici.

Fig. 5. Visione 3D da Sud-Ovest con la posizione della faglia (di profilo) e la distribuzione degli ipocentri dei terremoti che hanno seguito la scossa principale (aftershocks; punti verdi in Figura 4)
Figura 5. Visione 3D da Sud-Ovest con la posizione della faglia (di profilo) e la distribuzione degli ipocentri dei terremoti che hanno seguito la scossa principale, punti verdi in Figura 4.

NOTE

(1) –  L’Interferometria SAR utilizza due immagini SAR (Synthetic Aperture Radar) acquisite prima e dopo il terremoto, e confronta i segnali ricevuti dal satellite (o da un aereo) da ogni elemento di superficie. Il segnale radar contiene l’informazione sulla distanza tra l’antenna ricevente e la superficie terrestre, e la differenza tra i segnali pre- e post-evento consente di misurare con estrema accuratezza le variazioni di distanza avvenute durante il terremoto (ovvero lo spostamento del suolo cosismico).

(2) – L’interferogramma SAR è ricavato dalla differenza tra due immagini SAR della stessa zona, e dà una misura delle deformazioni del suolo avvenute tra le due date di acquisizione. Rappresenta i movimenti del suolo (misurati nella direzione di vista del satellite) come frange colorate (blu-rosso-giallo). Ogni frangia indica uno spostamento del suolo di circa 1.5 cm (nel caso di COSMO-SkyMed).  Per ottenere lo spostamento del suolo totale avvenuto tra le due date nell’area analizzata, le frange con lo stesso verso del ciclo di colore vanno sommate.

(3) – Infatti gli spostamenti calcolati tramite DInSAR sono misurati lungo la direzione della linea ideale che congiunge il punto a terra con la posizione del satellite (o aereo)  nel momento in cui ha acquisito le immagini. Questa direzione, la cosiddetta “linea di vista”, si discosta in genere dalla verticale di un angolo fra i 20 e 40 gradi.