Il terremoto del 26 marzo 1511 al confine tra Italia e la Slovenia
Il grande terremoto del 26 marzo 1511 (magnitudo M 6.9) si è verificato in un’ampia zona montuosa posta al confine tra Italia e la Slovenia, che comprende le Alpi Giulie e Carniche e le Prealpi Venete. Geologicamente quest’area è la zona di contatto tra i thrust (faglie con movimento di tipo inverso) delle Alpi Meridionali, orientati prevalentemente est-ovest, e le strutture trascorrenti destre ed inverse del sistema dinarico, orientate in direzione nord ovest-sud est.

Questa zona rappresenta l’area di scontro tra la Placca Adriatica (che a sua volta rappresenta la parte più settentrionale della Placca Africana) e la Placca Europea. La Placca Adriatica da sud spinge contro la Placca Europea. Lo scontro tra le due placche è rilevabile dai dati geodetici forniti dai satelliti (dati GPS), che mostrano i vettori di movimento dei capisaldi posti nelle due placche e misurano un raccorciamento regionale di circa 2 mm/anno. La deformazione prodotta da questo raccorciamento si trasmette alle faglie sia inverse sia trascorrenti del Friuli e della Slovenia, inducendole a generare terremoti. Questo movimento, nel lungo termine, ha determinato il sollevamento delle catene montuose delle Alpi e delle Dinaridi; le catene montuose infatti si formano grazie all’attività di faglie con movimento di tipo inverso, cioè dove uno dei due blocchi separati dalla faglia sale sopra all’altro a causa della spinta tettonica.
La catena delle Dinaridi esterne, che si estende dalla Slovenia verso sud lungo la costa orientale dell’Adriatico, si è cominciata a formare nel Cretacico, circa 80 milioni di anni fa, mentre le Alpi Meridionali (definizione che comprende la parte della catena montuosa delle Alpi posta a sud della Val Pusteria e della Valle del Gail) si sono cominciate a formare in un periodo lievemente più recente.
Al giorno d’oggi sono ancora attive le porzioni più esterne delle Alpi Meridionali, dove si concentrano le faglie inverse (thrust) che generano sismicità. Al contrario, nella porzione settentrionale delle Dinaridi, in Slovenia, i thrust sono stati sostituiti da faglie trascorrenti che ne ricalcano gli antichi orientamenti.
I thrust delle Alpi Meridionali si sono attivati durante la sequenza sismica del Friuli del 1976 (con magnitudo massima 6.5), mentre le strutture delle Dinaridi slovene sono responsabili, oltre che del grande evento del 1511 (M 6.9), dei terremoti del 1926 (M 5.8) di Idrija, e di quelli di Bovec del 1998 (M 5.7) e del 2004 (M 5.2).
Lo studio del terremoto del 1511, e l’individuazione della faglia che si è attivata durante il terremoto, è pieno di difficoltà per diversi motivi:
1. il terremoto si è verificato in un’epoca in cui non esistevano strumenti per registrare i terremoti, quindi abbiamo soltanto testimonianze che descrivono le distruzioni e gli effetti sull’ambiente. Il terremoto ha colpito un’area montuosa e di confine, per di più molto frammentata dal punto di vista politico-amministrativo. Inoltre nel 1511 erano in corso nell’area violente insurrezioni e rivolte popolari, con conseguenti distruzioni e saccheggi; alle distruzioni dovute all’uomo si sono quindi sommate le distruzioni dovute al terremoto. Per tutti questi motivi è complessa la ricostruzione macrosismica e l’individuazione dell’epicentro macrosismico del terremoto;
2. alcuni cataloghi riportano due forti scosse avvenute il 26 marzo, una in Slovenia e l’altra in Friuli (Ribaric, 1979). Inoltre, oltre alla scossa principale del 26 marzo, si è verificata una seconda forte scossa due giorni dopo che ha causato gravi ulteriori danni e i cui effetti si sono sommati a quelli dell’evento precedente. Pertanto non conosciamo la magnitudo e la localizzazione dei diversi eventi importanti che si sono verificati durante la sequenza del 1511 in un’area molto ampia;
3. le testimonianze degli effetti sull’ambiente non descrivono effetti che potrebbero essere ricondotti a fenomeni di fagliazione superficiale, ossia quei fenomeni che si hanno quando una faglia, in seguito ad un terremoto, taglia la superficie terrestre (come accaduto per esempio, in occasione del terremoto dell’Irpinia 1980).
Nonostante queste difficoltà, nel tempo sono state proposte più ipotesi di epicentri del terremoto del 1511, e conseguentemente di faglie responsabili dell’evento (Figura 1). Oltre all’ipotesi che il terremoto sia stato generato da una delle faglie inverse del Friuli e appartenenti al sistema delle Alpi Meridionali (zona di Cividale), numerosi studi suggeriscono che il terremoto possa esser stato generato in territorio sloveno.

Due delle faglie più evidenti della Slovenia occidentale sono la faglia di Idrija (Figura 2) e la faglia di Ravne, entrambe fanno parte del sistema dinarico trascorrente destro. La faglia di Ravne è ritenuta responsabile dei recenti e ben documentati terremoti del 12 aprile 1998 e del 12 luglio 2004, mentre la faglia di Idrija è ritenuta, dai più, responsabile dei terremoti del 1 gennaio 1926 e del 26 marzo 1511.
Il 26 marzo 1511 un evento di tsunami si è verificato a Venezia e Trieste (Pasaric et al., 2012), ma si ritiene che questo evento sia di origine non tettonica, e quindi non collegato al terremoto che si è verificato lo stesso giorno (Camassi et al., 2011; Kastelic et al., 2013). Sempre relativamente agli effetti sull’ambiente, si ritiene che, in occasione del terremoto, una grande frana a nord della città di Idrija (visibile ancora oggi) abbia ostruito il corso del fiume Idrijca per parecchi mesi (Fitzko et al., 2005).

L’area della faglia di Idrija (Figura 3) è stata oggetto di numerosi studi geologici, la prima carta geologica risale al 1874 (Lipold, 1874); il geologo Mlakar ha dedicato la sua vita allo studio e all’approfondimento scientifico di questa zona e, per primo, ha individuato la natura trascorrente della faglia (Figura 4; Mlakar, 1969).

Un importante giacimento ricco di mercurio, scoperto nel 1490, si trova immediatamente a sud della città di Idrija. La miniera di mercurio, la seconda più grande la mondo, è stata in funzione per ben 500 anni, sino alla fine del secolo scorso. Ebbene questo ricco giacimento è localizzato proprio in corrispondenza della faglia di Idrija e l’attività della faglia trascorrente lo ha dislocato orizzontalmente per circa 2,5 km, come hanno dimostrato i rilevamenti di Mlakar (1969). Gli studi geologici successivi di Placer (1982) hanno confermato l’ipotesi della natura trascorrente destra della faglia di Idrija.

Più di recente, ulteriori studi geologici hanno permesso di comprendere che la faglia di Idrija è attiva e può generare terremoti; questo risultato è stato ottenuto anche con l’analisi di modelli digitali del terreno (DEM) ad alta risoluzione (Figura 5; Cunningham et al., 2006) e mediante la realizzazione di rilievi geofisici e trincee paleosismologiche attraverso la faglia stessa (Figura 6; Bavec et al., 2013).

In definitiva negli anni, nonostante le diverse proposte di sorgenti responsabili del terremoto del 26 marzo 1511, si è andata consolidando l’ipotesi che la faglia di Idrija possa essere la principale responsabile dell’evento (Figura 7; Fitzko et al., 2005; Burrato et al., 2008; DISS Working Group, 2010).

A cura di Pierfrancesco Burrato, Vanja Kastelic e Paola Vannoli, INGV-Roma
Bibliografia
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Burrato P., Poli, M.E., Vannoli P., Zanferrari A., Basili R., Galadini F. (2008). Sources of Mw 5+ earthquakes in northeastern Italy and western Slovenia: An updated view based on geological and seismological evidence. Tectonophysics, 453, 157-176, doi: 10.1016/j.tecto.2007.07.009.
Camassi R., Caracciolo C.H., Castelli V., Slejko D. (2011). The 1511 Eastern Alps earthquakes: a critical update and comparison of existing macroseismic datasets. Journal of Seismology, 15, 191-213, doi: 10.1007/s10950-010-9220-9.
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Fitzko F., Suhadolc P., Aoudia A., Panza G.F. (2005). Constraints on the location and mechanism of the 1511 Western-Slovenia earthquake from active tectonics and modeling of macroseismic data. Tectonophysics, 404, 77-90, doi:10.1016/j.tecto.2005.05.003.
Kastelic V., Vannoli P. Burrato P. Fracassi U., Tiberti M.M., Valensise G. (2013). Seismogenic Sources in the Adriatic Domain. Marine and Petroleum Geology, 42, 191-213, doi: 10.1016/j.marpetgeo.2012.08.002.
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