TERREMOTO80 – Variazione del tasso di sismicità precedente l’evento del 23 novembre 1980

Introduzione

La quiescenza sismica può definirsi come decremento significativo del tasso di attività sismica rispetto ai valori che possono ritenersi normali per una specifica area geografica. In questo senso la quiescenza può essere immaginata come l’opposto di uno sciame sismico, durante il quale viene invece osservato un livello di sismicità di molto superiore al consueto. La diminuzione del livello di attività sismica che si registra durante una quiescenza può terminare con una scossa principale, oppure può esserne separata da un breve periodo caratterizzato da un incremento della sismicità, fenomeno ben noto col nome di attività premonitoria o fase di foreshocks (Wyss and Habermann, 1988).

Le variazioni del tasso di attività sismica, sia in diminuzione che in aumento, possono essere identificate sulla base delle osservazioni di una rete sismografica mediante test statistici, tra i quali uno di particolare efficacia è il cosiddetto Z-test. Questo tipo di test serve a operare un confronto numerico fra i tassi di sismicità di una particolare zona in due periodi diversi, dei quali il primo, generalmente più lungo, è il periodo di riferimento, denominato periodo di background, e il secondo è il periodo nel quale si vuole individuare un’anomalia rispetto all’andamento abituale. Lo Z-test opera tale confronto mediante un metodo statistico che fornisce il livello di significatività dell’eventuale variazione esprimendolo mediante il valore di un particolare parametro, detto Z. Si ritiene che se il valore di Z supera un valore pari a 3, la variazione osservata non possa essere stata prodotta semplicemente dal caso. I casi di grandi terremoti preceduti da una quiescenza ben documentata sono stati caratterizzati da livelli di significatività compresi tra 4.7 a 8. Nel caso del terremoto del 1980 il livello di significatività è stato stimato pari a 8.

Utilizzando il catalogo dell’allora ING (Istituto Nazionale di Geofisica), in collaborazione con Max Wyss, nel 1997 si esplorò per la prima volta in Italia, tramite il software Zmap (Wiemer and Zuniga, 1994), l’ipotesi che la quiescenza sismica a medio termine possa aver riguardato anche la variazione del tasso di sismicità osservato prima dell’evento dell’Irpinia. La tecnica utilizzata è stata illustrata anche nella Pubblicazione dell’Istituto Nazionale di Geofisica, n. 563 (Murru e Console, 1995). Qui vogliamo mostrare le parti più salienti di questo nostro studio (Wyss et al., 1997), che condusse ad evidenziare come la scossa principale del 23 novembre 1980 in Irpinia fu preceduta da una quiescenza sismica della durata di 1.3 anni, caratterizzata da assenza di eventi di magnitudo M≥3.4 nel volume che includeva la parte settentrionale dell’area epicentrale.

Il metodo

Preliminarmente, il catalogo sismico ING (1 gennaio 1975-31 dicembre 1995) fu esaminato per definire l’omogeneità dei dati riportati (Habermann, 1991; Wyss, 1991) e per poter determinare la minima magnitudo di omogeneità, Mmin, degli eventi da poter utilizzare nell’analisi. Tale determinazione è importante per analizzare le variazioni del tasso di sismicità e per evidenziare eventuali cause di errore nella determinazione delle magnitudo che potrebbero influenzare i risultati dei test statistici. Il secondo passo fu la rimozione dal catalogo, mediante l’algoritmo di Reasenberg (1985), dei terremoti appartenenti a sequenze sismiche di breve termine (declustering): tale operazione viene effettuata sostituendo agli eventi appartenenti a sciami, sequenze di repliche, e a cluster in generale, un solo evento equivalente, per energia, a tutti quelli di ogni sequenza.

Per localizzare su una mappa le possibili quiescenze anomale, si utilizzò la tecnica della griglia introdotta da Wiemer e Wyss (1994). L’area in studio (Fig. 1) fu coperta da una griglia con celle spaziate di circa 5 km (0.05°) e ad ogni nodo furono associati gli 80 eventi ad esso più prossimi. Per ogni nodo fu calcolato il valore del parametro di significatività Z, di cui si è parlato prima.

Visualizzando nello spazio i valori del parametro Z ad un dato tempo e per ogni nodo in mappa, si può mostrare la significatività delle variazioni del tasso di sismicità nel tempo su ogni nodo.

Fig. 1. Mappa epicentrale dell’Appennino centro-meridionale (M≥3.4). Gli eventi sono suddivisi in tre intervalli temporali: da gennaio 1975 a giugno 1979, da luglio 1979 a ottobre 1980, da novembre 1980 a novembre 1994 L’area del terremoto del 1980, evidenziata da un poligono, mostra alcuni epicentri (cerchi) durante 1.3 anni precedenti il mainshock, come mostrato anche in Fig. 3.

Le dimensioni dei raggi necessari ad includere gli 80 terremoti per studiare il tasso di sismicità in Appennino su qualsiasi punto della griglia sono riportate nella mappa di risoluzione di Fig. 2 per due dataset: (a) 1975.0-1995.0 (M≥3.4) e (b) dal 1987 (M≥2.5). I raggi sono inversamente proporzionali alla densità degli eventi. La risoluzione che si può ottenere dipende sia dal tasso di sismicità che dalla Mmin che è possibile utilizzare con il dataset a disposizione. Per l’analisi di quiescenza il raggio massimo fu limitato a 100 km. Per studiare il terremoto dell’Irpinia, i più piccoli raggi sono di 40 km, i quali equivalgono approssimativamente alla lunghezza della sorgente sismica che ha generato il terremoto dell’Irpinia del 1980 (Pantosti and Valensise, 1993).

Fig. 2. Mappa di risoluzione per i due dataset: (a) 1975.0-1995.0, M≥3.4. (b) 1987.5-1996.0, M≥2.5. L’epicentro e la linea superficiale di rottura del terremoto dell’Irpinia del 1980 sono indicati da una croce e da una linea solida. Il poligono delimita l’area sismica dell’Irpinia.

Tasso di sismicità prima del mainshock

In Fig. 3 (a, b) è mostrato il numero cumulativo di 80 eventi nei due volumi crostali contenenti l’area di rottura dell’evento. La Fig. 3a mostra un picco del valore di Z=8 all’inizio della finestra che copre il periodo di 1.3 anni senza terremoti di magnitudo superiore a 3.4evidente nella curva del numero cumulativo di eventi. Lo stesso volume produsse invece 10 terremoti di pari magnitudo durante i 4.7 anni precedenti il mainshock. Questa funzione misura il grado di differenza tra il tasso medio all’interno e fuori della finestra temporale di 1.3 anni. Basandosi sui valori di Z, calcolati per tutti i nodi che coprono l’Appennino, noi confrontammo questo significativo decremento del tasso sismico nel 1979.3 nel volume dell’Irpinia rispetto alla stabilità del tasso nel resto dell’area.

Figura 3. Numero cumulativo di terremoti di magnitudo M≥3.4 in due aree contenenti la zona epicentrale del terremoto del 1980: (a) i dati provengono da un’area circolare centrata all’estremità settentrionale dell’area epicentrale e (b) i dati provengono dal poligono definito in Fig. 1. Entrambe le aree includono 80 eventi. La linea sottile nella figura (a) mostra l’andamento temporale del parametro Z.

La mappa con i valori del parametro è mostrata in Fig. 4.

Fig. 4. Mappa del parametro Z che rappresenta la quiescenza sismica in Italia, ottenuta confrontando il rateo a lungo termine a partire da gennaio 1975 con quello in una finestra temporale di 1.3 anni che inizia nel luglio 1979 e termina all’accadimento del mainshock dell’Irpinia (eventi di magnitudo pari o superiore a 3.4 con 80 eventi per ogni nodo della griglia geografica che copre tutta l’area). Le aree rappresentate dai colori dal verde al blu non evidenziano significative variazioni del rateo sismico, mentre tali variazioni sono rappresentate dal giallo al rosso. L’epicentro e la linea superficiale di rottura del terremoto dell’Irpinia del 1980 sono indicati da una croce e da una linea solida. Il cerchio ed il poligono definiscono rispettivamente i volumi campionati per le cumulative mostrate in Fig. 3 (a) e (b).

Possiamo concludere che i dati del catalogo sismico ING mettono in evidenza che nell’area epicentrale del terremoto dell’Irpinia del 1980 (magnitudo 6.9) si verificò una quiescenza sismica che precedette il terremoto stesso. Questa quiescenza appare altamente significativa basandosi sul criterio statistico Z-test (per maggiori dettagli si veda Wyss et al., 1997).

A cura di Maura Murru (INGV-Roma1) e Rodolfo Console (INGV-Roma2).

Bibliografia

Habermann, R. E. (1991). Seismicity rate variations and systematic changes in magnitudes in teleseismic catalogs, Tectonophysics193, 277-289.

Murru, M. and R. Console (1995). Metodi statistici per il riconoscimento di quiescenze sismiche fittizie e reali, Pubblicazione ING (PING) n. 563, Roma.

Pantosti, D. and G. Valensise (1993). Source geometry and long-term behavior of the 1980, Irpinia earthquake fault based on field geologic observations, Ann. Geof. 36, 41-49.

Reasenberg,P. (1985). Second-order moment of central California seismicity, 1969-1982, J. Geophys.Res. 90, 5479-5495.

Wiemer, S. and R. F. Zuniga (1994). ZMAP-a software package to analyze seismicity, Supplement to EOS, Transactions, AGU75, 456.

Wiemer, S. and M. Wyss (1994). Seismic quiescence before the Landers (M=7.5) and Big Bear (M=6.5) 1992 earthquakes, Bull. Seism. Soc. Am. 84, 900-916.

Wyss, M. (1991). Reporting history of the central Aleutians Seismograph network and the quiescence preceding the 1986 Andreanof Island earthquake, Bull. Seism. Soc. Am. 81, 1231-1251.

Wyss, M. and R. E. Habermann (1988). Precursory seismic quiescence, Pageoph126, 319-332.

Wyss, M., R. Console, and M. Murru (1997). Seismicity Rate Change Before the Irpinia (M = 6.9) 1980 Earthquake, Bull. Seism. Soc. Am. 87(2), 318-326.


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