Perchè si comunica la magnitudo Richter e non la durata del terremoto?

Ogni volta che avviene un terremoto che viene risentito dalla popolazione ci arrivano domande sia sulla magnitudo che comunichiamo tramite il nostro portale dei dati in tempo reale sia sulla durata del terremoto.
In questo breve post, cercheremo di spiegare come viene stimata la magnitudo Richter e perché non comunichiamo la durata.


La stima della magnitudo locale ML (o magnitudo Richter) viene effettuata dal calcolo delle ampiezze massime osservate sui sismogrammi registrati dalle stazioni della Rete Sismica Nazionale (RSN), opportunamente trasformati in sismografi “Wood-Anderson”, analoghi a quelli usati da Charles Richter negli anni ’30 del Novecento per la definizione della “sua” magnitudo.

La stima della magnitudo locale ML (o magnitudo Richter). Immagine dal libro di C. Richter Elementary Seismology (1958).

A titolo di esempio mostriamo come è stata stimata la magnitudo Richter per il terremoto della scorsa notte in Molise. Il calcolo è stato effettuato su un numero elevato di sismogrammi (ben 564, ma non tutti quelli disponibili!), considerando le sole due componenti orizzontali dei segnali sismici per attenersi alla definizione di Charles Richter.

Come si vede dalla distribuzione in figura, dove vengono mostrati tutti i valori di magnitudo ricavati per tutti i sismogrammi, il valore medio della distribuzione è 4.6, ma ci sono valori in un intervallo compreso tra 3 e 6.

Questo è dovuto al fatto che l’energia irradiata dal terremoto non si distribuisce omogeneamente dall’ipocentro verso tutte le direzioni ma è influenzata dall’orientazione della faglia e dal suo movimento, oltre che dalle caratteristiche del volume crostale attraversato dalle onde sismiche. Ad esempio, un sismometro collocato su terreni non consolidati (es. una valle fluviale) farà registrare valori dello scuotimento maggiore di uno installato su roccia, a parità di distanza dall’epicentro.

Quello che vale per i sismometri vale anche per le persone: è normale che in certe zone il terremoto venga avvertito più forte che in altre, a parità di distanza. Per noi umani, inoltre, il grado di risentimento varia anche con la posizione rispetto al terreno: se ci si trova a un piano alto di un edificio la scossa sarà più forte e più lunga, chi è sdraiato lo avvertirà più nettamente di chi si trova in movimento, ecc.

Va detto inoltre che la formula di Richter vale per distanze epicentrali tra 10 e 600 km, quindi molti dei dati dei sismometri della RSN oltre la distanza massima non possono essere utilizzati nel calcolo. Per questo motivo, se si guarda la tabella del calcolo della magnitudo disponibile per ogni evento localizzato dai sismologi presenti nelle nostre Sale Operative, si trovano alcuni valori di magnitudo pari a 0. Infine, è importante precisare che alcuni valori vengono esclusi dal calcolo della media se sono chiaramente fuori dalla distribuzione, come si fa abitualmente nei calcoli di questo tipo. Nel nostro caso, data la simmetria della distribuzione, questo accorgimento non produce alcun risultato evidente.

Per quel che riguarda la durata di un terremoto, soprattutto se pensiamo alla durata percepita da una persona, si tratta di un’informazione estremamente variabile da sito a sito, ma anche da situazione a situazione, analogamente a quanto avviene per l’intensità macrosismica, cioè agli effetti del terremoto su persone e cose. La durata della percezione di un terremoto dipende dalla magnitudo dell’evento, dalla distanza dell’ipocentro e dalla geologia del suolo sul quale ci si trova. Inoltre, nel caso in cui il sisma sia avvertito all’interno di un edificio, l’altezza dello stabile e la tipologia edilizia influenzano fortemente l’intensità e la durata della percezione dell’evento. In genere la durata percepita va da pochi secondi a più di un minuto a seconda delle condizioni prima descritte.

Di seguito una spiegazione dettagliata della questione.
La “durata di un terremoto” non è definibile in modo univoco, in quanto quello che può essere calcolato dai dati strumentali non coincide con la durata dello scuotimento percepito dalle persone.

Ci sono, infatti, due modi di pensare la durata di un terremoto: il primo è il tempo necessario affinché la faglia (la sorgente del terremoto) si rompa e il secondo è il tempo di scuotimento percepito da una persona in un dato punto.

Il primo è un dato che, anche se non in modo immediato, viene calcolato analizzando i segnali sismici registrati. La durata dello scuotimento in un determinato punto, invece, la si può conoscere solo avendo una stazione sismica esattamente in quel punto. Anche in questo modo, va considerato che la durata dello scuotimento misurata da uno strumento è sempre maggiore di quella percepita da una persona nello stesso punto, in quanto gli strumenti sono molto più sensibili dell’uomo e registrano anche scuotimenti impercettibili.

Se si osserva il sismogramma di questo terremoto (magnitudo 3.2 avvenuto qualche anno fa in Calabria), si vede che la durata delle oscillazioni rilevata dal sismometro è di alcune decine di secondi (almeno dal secondo 10 al 30), ma quella che potrebbe essere percepita riguarda solo le onde più forti, che durano in questo caso solo 2 o 3 secondi (dal secondo 13 al 15).

Il terremoto è causato dall’improvviso scorrimento (o rottura) di due blocchi di crosta lungo una frattura, chiamata faglia. La durata della rottura (o scorrimento) della faglia è legata sia a quanto tempo un punto sulla faglia impiega a scorrere e sia al tempo necessario affinché la rottura si propaghi lungo la faglia. Bisogna infatti pensare a un terremoto come un’area piuttosto che a un punto (come per convenzione viene rappresentato l’epicentro sulle mappe). Il terremoto inizia in un punto (l’ipocentro) e poi la rottura si propaga lungo la faglia a circa 3 km/s. Quindi, maggiore è l’area della faglia che si rompe, maggiore è la durata del terremoto. Quanto più estesa è l’area della faglia che si rompe, tanto più grande è la magnitudo del terremoto. Quindi c’è una relazione generale tra la durata e la magnitudo di un terremoto. Il motivo per cui non è possibile indicare rapidamente questo tipo di durata sui siti web e sulle applicazioni INGV (come per tutti i centri di ricerca sui terremoti) è che il calcolo di quanto tempo una faglia ci ha messo a rompersi non è immediato. La durata dello scuotimento in un punto sul terreno dipende da quanto tempo il terremoto impiega a verificarsi e da come le onde si muovono attraverso il terreno fino a quel punto. Inoltre, particolari caratteristiche geologiche (terreni incoerenti, sedimenti alluvionali, ecc) possono produrre effetti di amplificazione e far durare lo scuotimento più a lungo di quanto accade su suoli rigidi come per esempio una roccia solida (granito, calcare, ecc.).

Altro aspetto importante da sottolineare per comprendere la percezione della durata di un terremoto è che, nel caso in cui il sisma sia avvertito all’interno di un edificio, l’altezza dello stabile e la tipologia edilizia influenzano fortemente l’intensità e la durata dell’evento.

Essendo quindi la durata dello scuotimento molto variabile da luogo a luogo in funzione della distanza e delle condizioni locali, diventa difficile fornirne una misura unica e significativa.


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