Oggi è il Dantedì la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri (1265-1321) e quest'anno ha una particolare rilevanza per il 700° dalla morte del sommo poeta.
La scelta del giorno non è casuale: il 25 marzo è la data che i dantisti riconoscono come l'inizio del viaggio nell'aldilà descritto letterariamente nella "Divina Commedia".
In quest'opera in cui vive l'intero mondo di Dante si parla brevemente anche di terremoti. Due sono i principali passaggi:
Finito questo, la buia campagna
tremò sì forte, che dello spavento
la mente di sudore ancor mi bagna.
La terra lagrimosa diede vento,
che balenò una luce vermiglia
la qual mi vinse ciascun sentimento;
e caddi come l’uom che il sonno piglia.” (Inferno III)
Trema forse più giù poco od assai
Ma per vento che in terra si nasconda
Non so come, quassù non tremò mai. (Purgatorio XXI)
Come molti suoi contemporanei, Dante intuitivamente attribuisce il terremoto a venti sotterranei che cercano una via di fuga e non trovandola fanno tremare la superficie. Era un lascito del pensiero aristotelico.
Soltanto nei primi anni del ventesimo secolo siamo riusciti a comprendere come si genera un terremoto. Altri cinquant’anni sono stati necessari per chiarire il legame tra i terremoti e i moti delle placche. La sismologia è in effetti una scienza molto giovane.